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Pierpaolo Vettori ha presentato al pubblico del Sila ’49 il suo libro, “L’imperatore delle nuvole”Featured

Nei locali della libreria Ubik di Cosenza, ieri sera, Pierpaolo Vettori ha presentato il suo libro, “L’imperatore delle nuvole”, che fa parte della Decina 2024 del Premio Sila. Davanti a un pubblico numeroso, lo scrittore ha approfondito alcuni temi del romanzo dialogando con Gemma Cestari, direttrice del Premio Sila, e con il magistrato Alfredo Cosenza.

Siamo appena alla presentazione del terzo libro e già questi incontri con gli autori sono diventati una piacevolissima e apprezzatissima consuetudine. Ieri sera, alla libreria Ubik di Cosenza, si è consumato un nuovo appuntamento letterario. Pierpaolo Vettori ha incontrato il pubblico, ancora una volta numeroso e molto partecipe alla discussione, per presentare il suo romanzo “L’imperatore delle nuvole” (Neri Pozza editore). Che, naturalmente, appartiene alla Decina 2024 del Premio Sila. L’immancabile Gemma Cestari, direttrice del Premio, e il magistrato Alfredo Cosenza hanno dialogato con Vettori.

Le vicende del romanzo ruotano intorno a un lunghissimo muro costruito per contenere l’esodo degli immigrati africani verso l’Europa. Vigilato da guardie murarie che devono tenere a bada i migranti clandestini. Sia gli uni sia gli altri sono, in teoria, aguzzini e vittime, in pratica, entrambi vittime. Senza apparenti vie d’uscita. “Sono vittime – ha sottolineato Pierpaolo Vettori – di un mondo che ormai è monotono. C’è solo un modo per vivere del nostro, ossia questa sorta di capitalismo più o meno democratico e non c’è una realtà alternativa. Per cui se una persona fallisce qui, in questa modalità, non riesce a fare soldi, non riesce… ha fallito per sempre. Non ha un altro modo per realizzarsi. Forse, invece, la soluzione di tanti problemi sarebbe proprio quella di cercare altri modi. Ché ognuno possa in qualche maniera trovare una sua nicchia, un modo per potersi realizzare come persona”.

“Sono rimasta veramente molto colpita dalla potenza di questo romanzo – ha commentato Gemma Cestari – che è avvincente e si lascia leggere con grande facilità nonostante la complessità dei temi che propone. La parola che mi ha suggerito il libro e che mi ha turbato – e che dovrebbe turbare e interrogare tutti – è ambivalenza. E Franco Zomer (l’io narrante e protagonista del romanzo) è veramente l’ambivalenza che ci chiede ma tu da che parte stai? Perché nelle grandi questioni, quelle che vengono orchestrate da pochi e che poi producono moltissime vittime, sono la storia e la sociologia a occuparsi di quei pochi e di quei moltissimi. Mentre è compito della letteratura parlare di quelli che stanno in mezzo, cioè di quelli che poi in questo meccanismo sono i piccoli ingranaggi e le piccole ruote”.

Sempre sul protagonista principale, Alfredo Cosenza ha sottolineato che “ciò che colpisce di Zomer è la sua profonda infelicità. Che vien fuori nell’incipit tremendo del libro: ‘Oggi non riesco a vivere’. Una frase – continua – che dopo averla letta uno si ferma e dice: voglio davvero continuare a leggere? E questa è una sensazione che è sempre presente in tutto il romanzo che poi alla fine si spiega…”

Tre domande a Pierpaolo Vettori

A margine dell’incontro, ci siamo intrattenuti con l’autore per conoscere meglio alcuni particolari del suo bellissimo romanzo

Leggendo “L’imperatore delle nuvole”, a caldo, viene spontaneo parlare di futuro distopico. A mente fredda, invece, sembra di leggere in anticipo la notizia del Muro e il suo inevitabile corollario di implicazioni…

Esattamente così, mi stupisco sempre quando definiscono distopico il mio romanzo perché, a parte questa immaginaria costruzione di un muro che divide l’Africa dall’Europa, tutto quello che accade nel libro, tutto quello che fanno i protagonisti e i comprimari sono cose che facciamo anche noi, tutti i giorni. Forse viviamo già in una distopia e non ce ne accorgiamo, questo dovrebbe far riflettere.

L’illusione di poter cambiare il passato per immaginare di condurre una vita diversa… Chi non penserebbe di abbandonarsi all’allucinazione della Moby Dick. Almeno una volta…

È proprio questa la forza di questa strana, particolarissima droga che si chiama Obdk che consente di poter selezionare un avvenimento del proprio passato, un momento spartiacque dove avresti dovuto fare una cosa e non l’hai fatta o compiere un’azione e non l’hai compiuta e questo ti ha cambiato la vita in peggio, tornare indietro e poterlo rifare. La Moby Dick ti consente una seconda opportunità con un piccolo problema: non riesci mai a portarla a termine. Un secondo prima che tu riesca a fare quello che vuoi, l’effetto della droga finisce e questo crea una dipendenza incredibile. Ma racconta anche di quanto noi siamo legati al nostro passato, di come siamo in un certo senso il prodotto del nostro passato. Nostro e della nostra famiglia.

Il destino di Zomer è così ineluttabile e già scritto da lasciare spazio solo a miraggi e illusioni, alla suggestione dei ricordi provocata dalla Moby Dick. E se la passività di Zomer fosse un moto di ribellione: sacrifico la mia vita per dimostrare di potercela fare nonostante tutto?

Ma in effetti nel finale del libro, senza rivelare troppo della storia, proprio Zomer sarà il granello fondamentale, la piccola pietra dalla quale creerà una valanga che cambierà la storia. E io mi ci metto in mezzo, persone che sono bloccate spesso, oppure che vorrebbero fare tante cose ma non ci riescono, non ne hanno la forza, non ne hanno il coraggio, sentono di non essere mai all’altezza della situazione. Non è mai finita la propria stanza, c’è sempre la possibilità di riscatto e Zomer ne troverà una…

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Decina 2024, appuntamento domani 11 aprile con Pierpaolo VettoriFeatured

Giovedì 11 aprile, alle 18, alla libreria Ubik di Cosenza, in via XXIV Maggio, ancora un appuntamento con i protagonisti della Decina 2024. Domani, accoglieremo Pierpaolo Vettori e insieme con lui conosceremo meglio le tante sfaccettature del suo “L’imperatore delle nuvole” (Neri Pozza editore). A conversare con l’autore, sarà presente anche il magistrato Alfredo Cosenza.

Conoscere un libro attraverso il dialogo con il suo autore è un’esperienza privilegiata. Ed è uno dei privilegi che il Premio Sila ’49 concede al pubblico e agli appassionati della letteratura italiana. Di qualsiasi genere. Così, domani sera, alle 18, conosceremo un altro libro della Decina 2024, presentato dal suo autore: alla libreria Ubik di Cosenza, incontreremo Pierpaolo Vettori.

Lo scrittore torinese illustrerà il suo “L’imperatore delle nuvole”, un testo che racconta di una realtà distopica, fortemente destabilizzante. E la narra attraverso le esperienze di Franco Zomer, che di mestiere fa la guardia muraria. Sì, di un lunghissimo muro costruito per contenere l’esodo degli immigrati africani verso l’Europa. Il lavoro di Zomer è spietato, crudele. E irrimediabilmente ne risente anche la sua vita. Così come le esistenze di tutte le persone che lavorano lì.

I migranti non devono passare. E se è il caso, le guardie hanno anche l’ordine di sparare. Le anfetamine “aiutano” a sopravvivere in quella zona desertica intrisa di tristezza e solitudine. Poi, arriva la Moby Dick, una droga pesante che consente di selezionare i ricordi durante le lunghe e interminabili giornate al Muro…

“L’imperatore delle nuvole” è stato scelto dalla giuria del Premio Sila e inserito nella Decina 2024, ovvero la rosa di libri da cui uscirà il vincitore di questa dodicesima edizione. Ricordiamo che, terminata la presentazione di tutti e dieci i volumi, la giuria, in collaborazione con il comitato dei lettori, ridurrà a cinque i libri scelti. E da quest’ultima selezione verrà fuori il vincitore finale che sarà premiato durante una manifestazione nei giorni 14, 15 e 16 giugno.

LA SCHEDA DEL LIBRO

Pierpaolo Vettori, L’imperatore delle nuvole, Neri Pozza

Dopo il 2026. Vista da lontano sembra una costruzione da fiaba: una lunga linea fortificata di un bianco abbacinante che attraversa quattro Stati nordafricani. Oltre, una striscia di terra desertificata chimicamente; oltre ancora, il Mediterraneo. Benvenuti al Muro, invalicabile barriera per i dannati della Terra che tentano di oltrepassarla ma anche meta turistica alternativa per i ricchi del mondo: la soluzione radicale al problema dell’immigrazione clandestina. Franco Zomer è una guardia muraria, come lo era suo padre; di giorno, dopo aver finto di vagliare i loro documenti, rimanda indietro i migranti che cercano di varcare il confine. Dopo il tramonto, arrivano i clandestini – che un documento non ce l’hanno proprio – la cui sorte spesso si decide in modo violento. Il lavoro delle guardie murarie è una brutale messinscena ritualizzata, le direttive vigenti sono implacabili: nessuno deve passare. Chi si lascia sfuggire un migrante, finisce nella Stanza delle Punizioni. Per resistere alla legge della crudeltà, al Muro tutti fanno uso di anfetamine e stimolanti, fino a quando la malavita locale inonda il mercato con una nuova sostanza, la Moby Dick. L’effetto è straordinario: si può rivivere un momento del passato in cui cambiare le decisioni sbagliate o fatali, modificare il destino. L’illusione di realtà è perfetta, la dipendenza potentissima e immediata. La Moby Dick dilaga incontrollata come un’epidemia, tra i disperati come tra gli aguzzini. Annichilito dalla sofferenza cui assiste ogni giorno e che spesso infligge di persona, anche Franco Zomer vorrebbe riavvolgere la sua vita fino a quel fatidico giorno di un tempo ancora felice. Un tempo in cui, con un dito, poteva spostare le nuvole in cielo e tutto era ancora possibile. Solo così potrà immaginare il futuro, un futuro con il volto di Penelope, la donna che vede ogni volta che chiude gli occhi.

Pierpaolo Vettori

È stato finalista per due edizioni al Premio Calvino e ha esordito con “La notte dei bambini cometa” (Antigone, 2011), seguito pochi mesi dopo da “Le sorelle Soffici” (Elliot, 2012). Dopo “La vita incerta delle ombre” (Elliot, 2014), nel 2018 esce per Bompiani “Lanterna per illusionisti”. Laureato in lettere con una tesi sulla Swinging London, vive e lavora a Torino. E con questo romanzo ha vinto il Premio Neri Pozza 2021.

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Decina 2024, presentato “Quasi niente sbagliato” di Greta PavanFeatured

Dieci libri da presentare. Dieci autori incontrano il pubblico.

Ieri sera, la libreria Mondadori di Cosenza, in piazza XI Settembre, ha accolto la scrittrice Greta Pavan per la presentazione del suo libro “Quasi niente sbagliato” (Bollati Boringhieri editore). Dopo l’introduzione di Gemma Cestari, direttrice del Premio Sila, hanno dialogato con l’autrice l’avvocato Erika Rodighiero e la professoressa Maria Letizia Stancati

Il Premio Sila ’49 ha regalato un altro incontro molto interessante alla città di Cosenza. Ieri sera, lunedì 8 aprile, nella sala della libreria Mondadori, in pieno centro, Greta Pavan ha presentato il suo libro “Quasi niente sbagliato” (Bollati Boringhieri editore) che fa parte della Decina 2024 del premio letterario bruzio. E ancora una volta, tanta gente è accorsa ad assistere all’evento, seguendo con palpabile interesse le parole della scrittrice e gli interventi dell’avvocato Erika Rodighiero e della professoressa Maria Letizia Stancati che, da appassionate della lettura, hanno contribuito ad approfondire i temi del libro, già insignito della Menzione Speciale della giuria del Premio Calvino 2022.

“‘Quasi niente sbagliato’ è un libro dalla strana e intelligentissima architettura – ha detto Gemma Cestari introducendo Greta Pavan – è la storia di Margherita, nata nel 1990 in Brianza, raccontata in capitoli, che scorrono con un avanti e indietro temporale funzionale alla costruzione complessiva, perché da questi capitoli in cui accadono apparentemente episodi minimi – il “quasi niente” del titolo –, viene fuori la complessità della formazione di Margherita e il suo tentativo di trovare un posto nel mondo, emergono tutti i membri della sua famiglia e il contesto che la circonda. E sono questi quasi niente che segnano le vite di tutti, soprattutto quando accadono nell’infanzia”.

Le vicende narrate si svolgono in una Brianza fredda e austera, dove l’intero universo sociale gira attorno al lavoro. “La letteratura della provincia in Italia è molto fertile – ha spiegato Greta Pavan – ce n’è moltissima relativa al Sud d’Italia, molto poca riferita ad alcune aree del Nord. La Brianza è stata trattata da Gadda, ma un altro tipo di Brianza rispetto a quella che c’è in questo romanzo, una Brianza verde, una Brianza di natura all’interno della cognizione del dolore. Io mi sono chiesta come mai, mi sono chiesta come mai e mi sono data una risposta che ha a che fare con la ricchezza e il benessere. Cioè, laddove c’è un grande benessere, innanzitutto, di tipo economico, laddove sembra andare tutto bene, è più difficile trovare delle storie, perché le storie partono necessariamente da un conflitto. Se non c’è un conflitto, anche in una narrazione a lieto fine è molto difficile costruire una storia. E all’interno di ambienti di questo tipo è complesso trovarne. E quindi io mi sono domandata, ma veramente in questo tutto giusto, non c’è una piccola crepa? Sì, ci sono delle crepe. apparentemente molto piccole che però possono essere indagate e all’interno dei capitoli del romanzo troverete appunto episodi minimi, di minima violenza. Questo è un romanzo sicuramente sulla violenza ma non vi aspettate una violenza traumatica, non vi aspettate un grande evento scatenante di altri. Costruiscono più una tensione sotterranea che un’esplosione di violenza. Quindi si parla di personaggi che vengono definiti da piccolissimi atti di violenza che però in qualche modo, come mi piace immaginarli, una goccia che scava la roccia che definiscono l’esistenza dei miei personaggi e tutto ciò accade specificamente sul luogo di lavoro”.

 

Tre domande a Greta Pavan

Abbiamo approfondito alcuni temi di “Quasi niente sbagliato” con Greta Pavan

Quanta attualità accoglie in sé, la Margherita che hai raccontato?

Dunque, credo che dal punto di vista tematico ne accolga. Naturalmente, si parla di lavoro, di un certo nuovo modo di interrogare il lavoro e di interrogare il lavoro come veicolo di tutto, come bacino di tutto l’esistente e come unica possibilità, come priorità della nostra vita. E questo mi sembra sia un tema abbastanza attuale. Detto ciò, il conflitto che c’è all’interno del lavoro, naturalmente, è un conflitto che c’è sempre stato, lo sfruttamento non è un tema di oggi. Perciò mi piace pensare a questa storia anche nei suoi risvolti un pochino più universali, in parola grossa e pretenziosa, però mi piace pensare anche alla vicenda umana di Margherita, a prescindere dallo spirito e del tempo in cui è emersa.

Quanto hanno pesato le origini venete della famiglia di Margherita e lo status di emigranti nel delinearne la sua personalità?

Molto, perché origini venete in Brianza significa essere degli outsider rispetto al luogo in cui lei si trova. Margherita nasce in una famiglia che in maniera originaria è outsider e non appartenente al luogo in cui vive, nonostante i veneti, insieme ad altre emigrazioni, l’abbiano in qualche modo fondata, la Brianza, quindi altro che fa parte di altro. Però il fatto di essere emigrati dal Veneto determina anche che si tratta di persone molto povere, e anche questo è un elemento di alterità rispetto all’ambiente in cui lei è emersa, che al contrario è un ambiente molto ricco e di grande benessere. Naturalmente il riscatto, soprattutto quando il livello di povertà è quello, è il lavoro. E c’è poco da girarci intorno, perciò, anche questo tipo di imprinting è determinato dal lavoro.

Margherita è una sognatrice oppure semplicemente una ragazza che vorrebbe far valere la sua intraprendenza nel lavoro e di conseguenza nella vita?

Sognatrice direi di no, perché Margherita per me è un personaggio profondamente nichilista, non ha spazio per i sogni, ha spazio per degli incubi ma non per dei sogni, quindi non direi sognatrice. E neanche completamente una persona che vorrebbe far valere la sua intraprendenza. È una donna, inizialmente, alla ricerca di un’appartenenza, che non trova nelle bandiere, non trova nelle persone che ha intorno, non trova assolutamente nel lavoro. Perciò girovaga nel suo mondo alla ricerca di qualcosa o qualcuno a cui appartenere. E a un certo punto pensa che quello possa essere il lavoro, ma è una convinzione che lei eredita, non è una convinzione veramente radicata in lei.

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Greta Pavan
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Dieci libri da presentare. Dieci autori incontrano il pubblico: appuntamento con Greta PavanFeatured

Dopo la pausa pasquale, riprendono gli appuntamenti con la presentazione dei dieci libri che concorrono per aggiudicarsi il Premio Sila ’49, prestigioso riconoscimento letterario giunto ormai alla sua dodicesima edizione. Lunedì 8 aprile, alle 18, la location dell’evento sarà la centralissima libreria Mondadori di Cosenza, in piazza XI Settembre, lungo corso Mazzini. Protagonisti assoluti dell’incontro, Greta Pavan e il suo libro, “Quasi niente sbagliato” (Bollati Boringhieri editore), un romanzo di formazione, un autentico spaccato generazionale, una storia sull’appartenenza e sull’affermazione di sé che prova a rispondere a una domanda esistenziale: se il male sia ciò che riceviamo o quello che ci portiamo dentro…

A parlare del volume, insieme con l’autrice, saranno presenti l’avvocato Erika Rodighiero, la professoressa Maria Letizia Stancati e Gemma Cestari, la direttrice del Premio Sila.

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LA SCHEDA DEL LIBRO

“Quasi niente sbagliato” (Bollati Boringhieri editore)

Brianza, terra dai confini incerti, paesaggio di asfalto e capannoni, provincia ricchissima, dove la religiosa devozione al lavoro sembra essere l’unico parametro riconosciuto per la definizione di rapporti e identità. Ma per Margherita, nata nel 1990 in una delle tante famiglie venete emigrate in Lombardia nel dopoguerra, il benessere è una chimera da contemplare da lontano. Sfiancata dal susseguirsi di lavori senza prospettiva e a cui sembra destinata solo in quanto donna, svuotata dalla minaccia costante della precarietà e svilita da un’umanità ambigua, fatta di personaggi in cui albergano a un tempo colpa e innocenza, per Margherita rimane solo il sogno della fuga. Coltiva l’ossessione di Milano, attraente come una terra promessa, e di un lavoro come giornalista, forse unica possibilità rimasta per provare a far sentire la propria voce. E sola alternativa a quella violenza che, goccia dopo goccia, quasi niente, rischia di trasformarla in tutto ciò che ha sempre rifiutato.

 

Greta Pavan

È nata a Desio, in Brianza, nel 1989. Dopo la laurea in Comunicazione interculturale, conseguita a Torino, ha studiato editoria alla Scuola di scrittura Belleville. Oggi vive a Milano, dove lavora come editor freelance. Quasi niente sbagliato ha ricevuto la Menzione Speciale della giuria del Premio Calvino 2022.

 

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Erika Rodighiero

È avvocato penalista del Foro di Cosenza. Componente del Comitato Pari Opportunità dell’Ordine degli Avvocati di Cosenza, docente e referente della Scuola Forense “B. Alimena” di Cosenza, membro dell’Osservatorio Carcere, Diritto & Società della Camera Penale di Cosenza “Avvocato Fausto Gullo”. Da anni è impegnata nel sociale e vicina a ogni forma di lotta contro le discriminazioni; un impegno che concretizza quotidianamente essendo cofondatrice dell’Associazione culturale Xenìa e di Nova Associazione A.P.S. di Cosenza, nonché socia e volontaria Avvocato di Strada Cosenza.

 

Maria Letizia Stancati

È docente di italiano, storia e geografia presso la scuola secondaria di primo grado dell’IC Malvito, in cui è referente per il bullismo e cyberbullismo, e del dipartimento di lettere. Fondatrice di Nova associazione e attiva volontaria ospedaliera con l’associazione Gianmarco de Maria nei reparti di pediatria e dipartimento materno infantile. Da sempre appassionata di letteratura e scrittura.

 

Carmen Verde
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Decina 2024, presentato “Una minima infelicità” di Carmen VerdeFeatured

Sabato 23 marzo, nella sede della Fondazione Premio Sila ’49, in via Salita Liceo, nel centro storico di Cosenza, Carmen Verde ha presentato il suo romanzo “Una minima infelicità”. A dialogare con l’autrice, Elena Giorgiana Mirabelli, scrittrice e docente di corsi di scrittura, anche per la Scuola Holden diretta da Alessandro Baricco, e Gemma Cestari, la direttrice del Premio Sila

 

Sala gremita, pubblico attentissimo e partecipativo. Sabato scorso, nella sede della Fondazione, si è consumata in un’atmosfera molto coinvolgente, la presentazione del primo romanzo della Decina 2024 del Premio Sila ’49. In primo piano, il romanzo “Una minima infelicità”. A far da prologo, l’introduzione dalla direttrice del Premio, Gemma Cestari. Di seguito, la parola è passata alla scrittrice cosentina Elena Giorgiana Mirabelli che ha dialogato con Carmen Verde, l’autrice del libro, già candidato al Premio Strega 2023.

Le atmosfere del libro di Carmen – ha sottolineato Gemma Cestari nel suo intervento introduttivo – mi hanno riportato a certa narrativa di Giorgio Bassani, Piero Chiara, Goffredo Parise, perché c’è un altro protagonista, oltre a questa famiglia infelicissima. Un protagonista pesantissimo: il giudizio della comunità di provincia. Che è così pesante, rispetto alle dinamiche familiari apparentemente intime, che a un certo punto entra fisicamente nel romanzo attraverso la cattivissima domestica che governa le loro vite facendo del male a madre e a figli. Con loro a lasciarsi far del male. E qui arrivano ancora altre suggestioni che mi riportano a quello che viene dal mondo delle favole. Ché è proprio il nucleo incandescente del romanzo: Annetta è una donna di piccolissima statura che non crescerà mai, cioè continuerà a rimanere piccola. La prima cosa a cui penso è Pollicino, ma ci sono tante altre cose delle favole, appunto la governante cattivissima, la nonna pazza, il castello…”.

Elena Giorgiana Mirabelli ha sottolineato come il libro sia stratificato ovvero “ci siano tantissimi livelli di lettura e quando a volte questi livelli sono più o meno evidenti, alcuni sono profondissimi e li comprendi soltanto dopo esserci ritornato a una seconda lettura. Ti risuonano diversamente. Queste parole – ha continuato – sono inquadratura, dettagli, piccolezza, linea femminile e quindi risuona la linea femminile, l’infelicità che è evidente fin dal titolo, ma c’è anche corpo, perché è un libro dove parlano i corpi, dove sono infelici i corpi, in diverse sfaccettature e in tante diverse declinazioni”.

Carmen Verde ha poi raccontato come ha lavorato per scrivere il suo romanzo. “Ero alle prese con l’infelicità – ha detto – che ho messo addirittura nel titolo, e sapevo di muovermi in un terreno poco sicuro, ma ritengo che sia una questione profondamente letteraria. Intanto perché non è uguale per tutti, e la parola è uguale, e questo potrebbe indurci nell’errore di considerare che l’emozione sottostante sia uguale, invece no, perché ognuno di noi è diversissimo nell’infelicità. L’infelicità è singolare, quello che ci rende singolarissimi. E l’altra cosa è che la parola infelicità non comunica nessuna infelicità, la parola sofferenza, nessuna sofferenza. E allora, in un libro fatto di parole, come tradurre in un libro un sentimento così complesso? L’idea che mi sono fatta è che facciamo esperienza di alcune cose concrete, di alcune situazioni, cioè non è che facciamo esperienza del sentimento dell’infelicità nel suo complesso, ma arrivano delle situazioni in cui questo accade…”.

Carmen Verde carmen verde

Carmen Verde
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Dieci libri da presentare. Dieci autori incontrano il pubblico. Si inizia sabato 23 marzo con Carmen VerdeFeatured

Inizia il rendez-vous della Decina 2024 del Premio Sila ‘49. Sabato 23 marzo alle 18, nella sede della Fondazione del Premio, in via Salita Liceo, cuore del centro storico di Cosenza, ci attende il primo appuntamento con la presentazione della Decina 2024, i dieci libri selezionati dalla giuria del Premio che concorrono per aggiudicarsi il prestigioso riconoscimento letterario.

Sabato 23 marzo, tocca a Carmen Verde che presenta il suo romanzo “Una minima infelicità” (Neri Pozza editore), la storia intensa di una figlia vissuta sempre all’ombra di una madre bella, elegante e sofisticata che si vergogna di lei per la sua piccola statura. E a cui, Annette, la ragazzina, poi adulta, si dedica facendo tante rinunce.

A dialogare con l’autrice, Elena Giorgiana Mirabelli, scrittrice e collaboratrice della Scuola Holden, diretta da Alessandro Baricco.

 

LA SCHEDA DEL LIBRO

Una minima infelicità (Neri Pozza editore)

È un romanzo vertiginoso. Una nave in bottiglia che non si può smettere di ammirare. Annetta racconta la sua vita vissuta all’ombra della madre, Sofia Vivier. Bella, inquieta, elegante, Sofia si vergogna del corpo della figlia perché è scandalosamente minuto. Una petite che non cresce, che resta alta come una bambina. Chiusa nel sacrario della sua casa, Annetta fugge la rozzezza del mondo di fuori, rispetto al quale si sente inadeguata. A sua insaputa, però, il declino lavora in segreto. È l’arrivo di Clara Bigi, una domestica crudele, capace di imporle regole rigide e insensate, a introdurre il primo elemento di discontinuità nella vita familiare. Il padre, Antonio Baldini, ricco commerciante di tessuti, cede a quella donna il controllo della sua vita domestica. Clara Bigi diventa così il guardiano di Annetta, arrivando a sorvegliarne anche le letture. La morte improvvisa del padre è per Annetta l’approdo brusco all’età adulta. Dimentica di sé, decide di rivolgere le sue cure soltanto alla madre, fino ad accudirne la bellezza sfiorita. Allenata dal suo stesso corpo alla rinuncia, coltiva con ostinazione il suo istinto alla diminuzione. Ogni pagina di questo romanzo ci mostra cosa significhi davvero saper narrare utilizzando una lingua magnifica che ci ipnotizza, ci costringe ad arrivare all’ultima pagina, come un naufragio desiderato. Questo libro è il miracolo di una scrittrice che segna un nuovo confine nella narrativa di questi anni.

 

CARMEN VERDE

Nata a Santa Maria Capua Vetere, in provincia di Caserta, l’autrice vive a Roma. Ha pubblicato diversi racconti con Nottetempo, Babbomorto editore, Cadillac e Succedeoggi, e Tapirulan (Sjette). Nel 2018 è stata segnalata come autrice dal Premio Calvino. Nel 2022 ha pubblicato per Neri Pozza, il suo primo romanzo, “Una minima infelicità”, candidato al Premio Strega 2023 e nella Decina 2024 del Premio Sila ‘49.

 

ELENA GIORGIANA MIRABELLI

Cosentina di nascita, Elena Giorgiana è laureata in Filosofia, ha un PhD palermitano in tasca e il diploma della Holden nel cuore. È tra i fondatori di Arcadia book&service, agenzia di servizi editoriali di Cosenza ed è redattrice della rivista Narrandom. Configurazione Tundra (Tunué, 2020) è il suo primo romanzo.

Altri suoi lavori sono apparsi in Nuvole Corsare (Caffèorchidea, 2020), L’ultimo sesso al tempo della peste (Neo Edizioni, 2020) e Human/. Corpi ibridi, mutanti e fluidi nell’universo del possibile (Moscabianca Edizioni, 2021). Maizo, novella per la collana 42 Nodi (Zona 42) è il suo ultimo lavoro. Ordisce trame, anche con la lana.

 

 

 

 

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