Secondo incontro per i libri finalisti della nona edizione del Premio Sila ’49, ieri sera, ancora una volta nel centro storico di Cosenza (Piazza dei Follari), questa volta con Elena Giorgiana Mirabelli, giovane cosentina autrice del sorprendente “Configurazione Tundra”.

“C’è una grandissima attenzione dalla critica su questo libro – ha detto, introducendo l’incontro Gemma Cestari – giustificata dalla qualità di un’opera stordente nella sua complessità, ma con una scrittura perfetta per il romanzo distopico: precisa, nitida, pulita, pensata per descrivere i luoghi che sono essi stessi protagonisti del racconto.”

Evidenti i riferimenti al romanzo distopico per eccellenza, quel 1984 che fece di George Orwell il maestro della distopia, e, così come in quel “testo sacro” la memoria viene cancellata e riscritto continuamente il presente per esercitare un controllo sulle masse, anche in Configurazione Tundra è necessario l’oblio del passato. Solo che nel romanzo della Mirabelli c’è un totalitarismo che passa attraverso una ristrutturazione architettonica delle vite. “Se cambi gli spazi, rendi obbligatori i percorsi, le traiettorie, hai un impatto fortissimo sulle persone – ha spiegato ancora Cestari – Decoro, efficienza e sicurezza: un’idea di ordine contrapposto al disordine che deve semplicemente annientare il ricordo del passato.”

Invece la protagonista del romanzo (anzi una delle tre protagoniste) è “rivoluzionaria” perché si sottrae alla dittatura dei luoghi e del controllo del pensiero in Tundra, perché lei ricorda, sogna, pensa.

“Ma come si ribella la protagonista da Tundra?” chiede Michele D’Ignazio, scrittore di letteratura per ragazzi, partner di Mirabelli in questo incontro con i lettori.

“Con la sottrazione – risponde l’autrice – la sottrazione a quella grammatica a quel sistema di regole, fatte di gesti, modalità espressive. La sparizione è un modo di resistere. E la protagonista sottraendosi ai percorsi prestabiliti che impone Tundra compie il suo atto rivoluzionario, creando anche i presupposti affinché altre fratture nel sistema possano compiersi, aprendo la possibilità all’avvio di una vera e propria fase distruttiva e dunque rivoluzionaria”.

Si torna a parlare di luoghi e spazi: “Tundra architettonicamente è senza dubbio ispirata all’Università della Calabria. Che ruolo ha avuto – chiede ancora D’Ignazio – questo luogo sul tuo racconto dei luoghi nel romanzo?”

“Lunghe linee, un grande ponte che taglia le colline. Sono architetture funzionali a determinati scopi che possiedono una propria bellezza. Ho pensato a come quel tipo di architettura avesse inciso sul mio modo di vivere l’università: la mancanza di piazze e slarghi, la socializzazione possibile solo grazie alle associazioni, ai collettivi che riempivano quell’architettura di significato altro e di saperi.”