Mediterranea, africana, somala, romana e romanista. Igiaba Scego si presenta così al pubblico del Premio Sila, nella diretta Facebook attraverso la quale ha presentato il suo libro “La linea del colore”, finalista della nona edizione. Un libro che Gemma Cestari ha definito “un grande romanzo storico, anche se in senso apparentemente improprio perché attraverso il tempo e lo spazio ci accompagnano non personaggi realmente esistiti ma tre donne abilmente “inventate”, create da Igiaba Scego”.

“Ho cercato sul web Lafanu Brown, la pittrice, protagonista del romanzo – confessa Pierpaolo De Salvo, partner dello Scego in questo incontro virtuale – perché nel racconto di Igiaba era diventata reale, viva. Invece Lafanu non è mai esistita. Com’è nata, allora?”

“Mi sono ispirata a due donne realmente esistite – spiega la scrittrice – che hanno entrambe vissuto a Roma nella metà dell’800, entrambe nere, entrambe in cerca di libertà personale e realizzazione professionale in un’epoca in cui queste aspirazioni non erano comuni a molte donne. Due donne che attraverso il viaggio provano a cambiare la propria vita e il proprio destino. Come fanno i migranti del nostro tempo, per i quali il Mediterraneo è diventato una tomba. Per loro e per le donne come Lafanu, mi sono chiesta, cosa c’è dietro a questa scelta? Quali desideri li spingono, quali sogni?”

“Un altro personaggio che spicca nel racconto è Leila, che sembra quasi un tuo alter ego. È così?”, chiede De Salvo alla Scego.

“Leila rappresenta la mia generazione – precisa la scrittrice – i migranti adulti, non più giovani, i trenta-quarantenni che sono invisibili per la narrazione mainstream, che tende ad occuparsi solo dei giovanissimi migranti e ignora una generazione davvero poco raccontata.”

L’Italia di Lafanu Brown è l’Italia del colonialismo fascista “ma non solo – ci tiene a specificare la Scego – perché il colonialismo è cominciato prima di Mussolini e la situazione è molto più complessa di quello che si crede comunemente. Così come fu complesso il movimento anticolonialista, nel quale confluirono anime diverse, dagli anarchici, ai cattolici, ai socialisti. C’erano i sostenitori convinti dell’una e dell’altra posizione – conclude l’autrice – ma c’era anche (ed erano tanti) chi non sapeva nemmeno perché fosse andato a morire in Africa”.

“Il viaggio è un tema cardine – chiede infine De Salvo – ma un’altra chiave importante, secondo me, è il corpo: molto presente, molto potente. È vero?”

“È esattamente così – conviene la Scego – è sempre stato così per me e credo di poter dire che è una caratteristica delle africane e delle afro-discendenti. La nostra corporeità è al centro della nostra vita, perché il nostro corpo a volte mutilato, martoriato, umiliato, deve essere messo al centro. A questi corpi ho cercato di dare anche una lingua, senza edulcorarla e senza standardizzarla”.

Infine, una domanda di Pierpaolo De Salvo sulle imminenti elezioni americane.

“La società americana è divisa, lacerata, non l’ho mai vista così. C’è odio e risentimento, anche per causa della questione nera e del movimento Black Lives Matter. Anche il mondo della letteratura è investito da queste nuove istanze che vengono dal mondo black: chiedono più autori neri, ma anche più editor, traduttori. È evidente una spinta verso il futuro – conclude Igiaba Scego – ma non è una spinta che unisce, è un argomento che divide, spacca in due la società e questo è preoccupante, anche in vista delle elezioni di novembre”.