Parte con un incontro sentito e vivace la serie di presentazioni della decina 2020 della nona edizione del Premio Sila ’49; parte con Paolo Jedlowski, sociologo, milanese di nascita, calabrese di adozione e (svela lui stesso) grande avversatore dei luoghi comuni sul Sud che ormai considera una seconda casa “tanto i luoghi non sono gelosi e io posso continuare ad amare Milano e nello stesso tempo Cosenza, la Calabria”.

Ad accogliere il numeroso pubblico, Gemma Cestari: “Intanto è una parola che possediamo tutti, ma Jedlowski con questo libro ci consegna uno strumento nuovo, un modo inedito di pensare a questo avverbio e non soltanto”. “Intanto è un’autobiografia scritta con gli strumenti dello studioso, del sociologo – conclude la direttrice del Premio – che parte da una parola che è funzionale alla narrazione perché apre una linea di racconto. Ma Jedlowski salta, va ben oltre l’aspetto ovvio di questo avverbio per regalarci una serie di spunti e riflessioni inauditi”.

Insieme al sociologo, a parlare del romanzo, un altro accademico, Ercole Giap Parini, che apre la conversazione con il collega rilevando l’assoluta novità di Jedlowski romanziere: “Sei un esordiente della narrativa!” fa notare scherzosamente Parini al saggista e al pubblico.

“Sì è vero, e mi piace tantissimo – risponde Jedlowski – mi piace essere catalogato nella letteratura per la prima volta, mi piace la libertà che concede la letteratura e anche la responsabilità che ne discende.”

“Ho scoperto tante cose mentre scrivere questo libro e tante cose me le hanno fatte scoprire gli altri, man mano che leggevano e recensivano il libro stesso. Ho scoperto che quando racconti, racconti cose che vengono da lontano, non solo quello che vuoi raccontare ma anche cose che sono dentro di te, senza che tu nemmeno ne sia consapevole”.

Ercole Giap Parini accosta poi la parola “Intanto”, che è perno e fulcro del libro a un’altra parola importante per la letteratura, il desasosiego, l’inquietudine di Fernando Pessoa, per dimostrare come sia naturale per un autore partire da un lemma, da un suono, da un significato per dipanare pagine di riflessioni, racconti.

“Intanto – continua Parini – è un avverbio che ci dice che siamo parte di un tutto più grande, che siamo la maglia di una rete”. “È così – conviene Jedlowski – intanto regge frasi coordinate che hanno un altro soggetto, un altro protagonista e questo mi ha consentito di parlare di altri oltre che di me, di parlare per esempio di mio padre, rendendolo protagonista della mia storia”.

A margine dell’incontro il sociologo ha anche parlato del libro in relazione al momento storico che abbiamo appena vissuto, il tempo dell’isolamento, della quarantena, definendolo “un grande intanto collettivo di cui siamo stati consapevoli, la sensazione intensa di star vivendo un momento eccezionale della storia insieme a tutti gli altri.” “Non è stata una guerra – ha concluso lo scrittore – quella era una metafora sbagliata, non è stato facile trovare metafore per questa cosa nuova che ci è successa. Ma se guardi il mondo attraverso questa parola, Intanto, ti accorgi della potenza di questo avverbio nel descrivere anche momenti come questo”.