Dal femminismo del ’68 a quello di oggi, dalle manifestazioni di migliaia di ragazze, al fenomeno (prevalentemente social) MeToo, dalle rivendicazioni per i diritti fondamentali alle campagne per superare i glass ceilings che frenano l’ascesa delle donne verso le stanze del potere: le battaglie da combattere sono ancora tante, ma il movimento che alla fine degli anni ’70 ha sconvolto il pensiero di tanti e tante ha lasciato un’eredità che si deve ricordare e onorare.

“Infondo, il movimento MeToo è come un enorme, virtuale gruppo di autocoscienza. Sono cambiati i modi, i mezzi, ma qualcosa è rimasto, è un’eredità che le donne del ’68 hanno lasciato a quelle del futuro, in tutto il mondo. Anche se – ha puntualizzato l’autrice – oggi il femminismo è molto più complesso, sfaccettato. Le donne stesse sono tutte diverse, per provenienza, cultura e sono diversi i problemi: dalle violenze familiari alle difficoltà sul lavoro, la questione femminile oggi è più difficile da inquadrare e questo impatta sul modo in cui la affrontiamo e la raccontiamo. Prendete il caso Saman: si è trattato di un femminicidio, su questo non ci sono dubbi, eppure l’abbiamo percepito e narrato come un delitto maturato per ragioni religiose, razziali, l’abbiamo derubricato a fatto di cronaca legato all’appartenenza etnica della vittima. Mi sono chiesta il perché e ho fatto mea culpa io stessa, ma soprattutto questo mi ha detto molto sulla complessità della questione femminile oggi.”

“C’è una panchina rossa da oggi, in piazza dei Follari, nel cuore del centro storico che è la casa della Fondazione Premio Sila. È un simbolo – ha detto Enzo Paolini in apertura dell’incontro – che abbiamo voluto donare al quartiere, in sostituzione di una panchina vecchia e inservibile, perché ci ricordi ogni giorno che la lotta alla violenza sulle donne è una battaglia di tutti. Una battaglia sacrosanta che idealmente si collega a quelle idee che la protagonista del libro di Ritanna Armeni abbraccia e fa sue”.

“È il quarto libro con una protagonista femminile. – fa notare Gemma Cestari all’autrice – Dopo Inessa Armand, le streghe della notte e Mara, questa ragazza del ’68, Rosa che vive e ci fa vivere quegli anni irripetibili, completa una sorta di quadrilogia sulle donne e la storia. Ma Per strada è la felicità è un libro meno giornalistico, un vero e proprio romanzo. Dunque, è la letteratura il luogo della verità?”

“In effetti – ha risposto Armeni – ho progressivamente abbandonato il giornalismo nei miei libri per virare decisamente sulla letteratura. Racconto i sentimenti di quegli anni, gli avvenimenti sono solo sullo sfondo. E parlo, in particolare, di un sentimento un po’ dimenticato, che è quello della felicità pubblica, la felicità di stare insieme e percepire che si stanno cambiando le cose. La felicità delle piazze piene, delle manifestazioni, dei cortei che univa lo studente all’operaio.”