La storia

Nel 1949 veniva istituito il Premio Sila, per rispondere alla necessità di ricostruzione culturale, di rinascita materiale e intellettuale di una Italia e di una Calabria uscite dalla guerra e dal ventennio fascista. Nel maggio del 2010, nella città di Cosenza, per iniziativa di Banca Carime nella persona del suo Presidente Andrea Pisani Massamormile, dell’Arcivescovo di Cosenza Mons. Salvatore Nunnari e dell’Avvocato Enzo Paolini, è stata costituita la Fondazione Premio Sila allo scopo di avviare una nuova fase del prestigioso premio che vide le sue ultime edizioni negli anni novanta. Leggi di più
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Conclusa la decima edizione, Lagioia, Castellina e Uyangoda premiati a Palazzo ArnoneFeatured

COSENZA – Si è svolta ieri, sabato 28 maggio, la cerimonia di premiazione dei vincitori della decima edizione del Sila ‘49. Negli spazi esterni di Palazzo Arnone, Nicola Lagioia (sezione Letteratura), Nadeesha Uyangoda (sezione Economia e Società) e Luciana Castellina (premio alla Carriera), oltre a ricevere i bronzetti realizzati per l’occasione dal maestro Mimmo Paladino, hanno dialogato con la giornalista e scrittrice Ritanna Armeni. E lo hanno fatto davanti a un foltissimo pubblico che, nei giorni dedicati all’annata 2021 del Premio diretto da Gemma Cestari, si è reso partecipe dei numerosi incontri, appuntamenti e lectio realizzate nel cuore vivo e pulsante del centro storico bruzio.

«Sono dieci anni di Premio Sila, dieci anni trascorsi a fare cose straordinarie – ha detto durante la manifestazione il presidente della Fondazione Premio Sila Enzo Paolini – Tutto ciò che è stato realizzato e che ci proponiamo di realizzare è accaduto e accadrà grazie alla vicinanza di moltissimi artisti e cittadini, i quali, insieme, hanno impreziosito le diverse edizioni susseguitesi. Se siamo qui – ha aggiunto – è perché fortemente consapevoli che le idee e le parole possono cambiare il mondo: il Premio vuole fare la sua parte per raggiungere questo obiettivo. Motivo per cui, tra le altre cose – ha concluso Paolini rivolgendosi al sindaco Franz Caruso seduto in platea -, con il presidente dell’Ordine degli avvocati di Cosenza Enzo Gallucci abbiamo proposto al Comune di nominare l’avvocato e scrittore Giuseppe Farina, che da anni si batte contro la Sla, responsabile dei diritti umani della città».

Luci, poi, sui premiati di quest’anno che, nel corso dell’evento, hanno parlato dei propri romanzi e delle proprie esperienze. Nicola Lagioia, vincitore con “La città dei vivi” (Einaudi), ha incantato i presenti ripercorrendo le pagine del proprio libro, «il primo per cui si è trovato dinnanzi alla non fiction e che trae spunto non solo da Carrere e Capote, ma dalla grande tradizione italiana di scrittori che fanno letteratura parlando di cose vere e che va da Levi a Ortese fino ad Alessandro Leogrande». Lagioia, reduce dal successo del Salone del Libro, sulla manifestazione torinese ha pure rivelato: «Dopo il 2023 si svolgerà senza di me. Sono diventato direttore quando il Salone stava morendo, è diventato un qualcosa di straordinario e credo che non abbia più bisogno del mio supporto».

I temi del razzismo, dei pregiudizi e del femminismo sono stati invece affrontati nel discorso della premiata per la sezione Economia e Società Nadeesha Uyangoda, autrice del volume “L’unica persona nera nella stanza” (66thand2nd). «Il razzismo non è solo violenza fisica ma cambia, si evolve, si trasforma – ha dichiarato Uyangoda – Ed è importante guardare alla Storia e pure dentro di noi per poterlo debellare; non rimanere ancorati a vecchie lotte politiche, bensì capire che bisogna farsi portavoce di ulteriori battaglie, per esempio quelle delle badanti, delle colf che quotidianamente vengono discriminate».

A Luciana Castellina, infine, definita «premiata all’esistenza», il “compito” di far comprendere cosa significhi oggi essere di sinistra. «La sinistra contemporanea non è quella che ho incontrato nel ’47, quando si era certi di cambiare il mondo. Nonostante ciò non mi va di essere pessimista e non lo sono neanche perché frequentando scuole, associazioni e la periferia di Roma mi sono resa conto di quanti giovani siano coinvolti nei mille modi possibili per aiutare l’altro. A questi ragazzi non interessa nulla del Parlamento, del resto non c’è alcun membro da cui si sentano rappresentati, ma è grazie a loro se nuove forme di democrazia nascono sul territorio». In ultimo, sulla guerra in Ucraina, la figura storica della politica italiana ha detto: «Se si sottovalutano i rischi andremo incontro a una guerra più ampia, mondiale e nucleare. Io ho fiducia solo in Papa Francesco, che continua a ripetere che non esistono guerre giuste, e nei generali, che attuano i negoziati. Chi lo avrebbe mai detto, oggi i miei rappresentanti politici sono i preti e appunto i generali».

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Svelati i vincitori della decima edizione del Premio Sila ’49: sono Nicola Lagioia, Nadeesha Uyangonda e Luciana Castellina. Dal 27 al 29 maggio la consegna dei riconoscimenti nel cuore del centro storico bruzio, ma anche la lectio magistralis di Tomaso Montanari in occasione degli 800 anni del Duomo di Cosenza sul sagrato della Cattedrale e il reading di Valerio Magrelli nella sede silana della FondazioneFeatured

COSENZA – Sono Nicola Lagioia con “La città dei vivi” edito da Einaudi (sezione Letteratura), Nadeesha Uyangonda con “L’unica persona nera nella stanza” edito da 66thand22nd (sezione Economia e Società) e la politica e scrittrice Luciana Castellina (Premio alla carriera) i vincitori della decima edizione del Premio Sila ’49, così come annunciati dal presidente della Fondazione Premio Sila Enzo Paolini e dalla direttrice del Premio Gemma Cestari.

La premiazione dei vincitori, a seguito delle varie fasi che hanno interessato il Premio e che hanno coivolto rinomati autori nonchè l’intera comunità, si terrà in tre giorni alla fine del mese di maggio. In particolare, venerdì 27, alle ore 18, in piazza dei Follari, la docente Unical Mariafrancesca D’Agostino e il sociologo Tonino Perna dialogheranno con Nadeesha Uyangonda. Subito dopo, alle 19, ci si sposterà eccezionalmente sul sagrato della Cattedrale cosentina per assistere alla relazione, intitolata Un indulto, una sospensione, un miracoloso arresto: il senso delle antiche chiese, dello storico Tomaso Montanari, in occasione delle celebrazioni degli 800 anni del Duomo. Sabato 28, inoltre, alle ore 11.30, a Palazzo Arnone, sede della Galleria Nazionale, si assisterà alla lectio magistralis di Luciana Castellina La mia vita a sinistra è, ancora, la scoperta del mondo; mentre nel pomeriggio, a partire dalle 18.30, si terrà la cerimonia di premiazione della decima edizione del Premio, condotta dalla giornalista e scrittrice Ritanna Armeni: a Lagioia, Uyangonda e Castellina verranno consegnati, come di consueto, i bronzetti realizzati dal maestro Mimmo Paladino. Domenica 29, infine, dal cuore del centro storico bruzio ci si trasferirà nella sede di Camigliatello Silano della Fondazione Premio Sila: sarà qui, dalle 11, che il giurato del Premio Valerio Magrelli leggerà alcune delle poesie tratte dalla sua ultima raccolta “Exfanzia” (Einaudi).

Tuffatori”, il manifesto dell’edizione 2021 del Premio è stato realizzato dall’artista di origine calabrese Natino Chirico. Sarà proprio incentrata sulle opere del raffinato disegnatore e ritrattista, la mostra che dal 30 maggio fino al 21 giugno potrà essere visitata all’interno delle sale del Museo dei Brettii e degli Enotri del quartiere Spirito Santo. Un evento, quest’ultimo, che chiude gli incontri e i pregiati appuntamenti della primavera del Premio Sila ’49, a cui tutta la città è invitata a partecipare, sempre nel rispetto delle normative anti-Covid.

Di seguito le motivazioni della Giuria per il conferimento del Premio:

Nicola Lagioia – «La città dei vivi è uno di quei grandi libri che nascono da un’occasione del tutto imprevedibile. Fin dal momento in cui lo scrittore visita il palazzo alla periferia di Roma che è stato il teatro dell’orribile crimine, costato la vita a un ragazzo giovanissimo, per scrivere un pezzo per il suo giornale, quella che si genera in lui è una fertile occasione, capace di accamparsi nella sua mente per il tempo necessario ad andare a fondo. Magistrale nell’alternanza della prima e della terza persona, il romanzo di Lagioia brucia totalmente, al fuoco di una dolente concezione poetica, ogni presupposto cronachistico, finendo per diventare il ritratto indelebile di un tempo, e di un luogo, nei quali anche la bellezza e il senso dell’eterno contrabbandati dai dépliant turistici sembrano aver smarrito la propria strada, aspetta le sue vittime nascosto negli eventi più ordinari: un messaggio sullo smartphone, una corsa in taxi, il puro e semplice trascorrere delle ore di una notte.

Nadeesha Uyangonda – «È molto bello il titolo di questo libro, firmato da Nadeesha Uyangonda per l’editore 66thand2nd: L’unica persona nera nella stanza. Chiamiamolo come vogliamo, pamphlet, saggio, memoir: certo è che le sue pagine raccontano con pacato furore il senso di isolamento, “che forse è il peggiore di tutti”, legato al fatto di essere, per l’appunto, L’unica persona nera nella stanza». 

Luciana Castellina – «Ad una straordinaria donna italiana, una comunista che ha sempre pensato con la sua testa senza mai voltarsi dall’altra parte, che anche nelle istituzioni nazionali ed internazionali ha dato voce alle minoranze, ha rivendicato diritti, si è battuta contro le ingiustizie, ha creduto – e crede – in uno stato sociale equo e fondato sulla libertà e sulla dignità del lavoro».

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Premio Sila: ecco il bando 2022Featured

La Fondazione Premio Sila istituisce e bandisce il concorso per l’edizione 2022 del Premio Letterario “Premio Sila 49”.
Il Premio ha la caratteristica di privilegiare le opere e la letteratura attente alla realtà e di rilievo civile.

REGOLAMENTO

1. Il “Premio Sila 49” ha frequenza annuale ed è diviso in tre sezioni:
a) Letteratura;
b) Economia e Società;
c) “Sguardo da lontano”, dedicato a saggi e opere realizzati da autori stranieri o italiani che abbiano ad oggetto il Mezzogiorno, visto da una prospettiva esterna.

2. La giuria si riserva, inoltre, di anno in anno, la facoltà di assegnare premi speciali alla carriera e/o all’opera complessiva di autori che abbiano una significativa attinenza con i valori promossi dal Premio.

3. Per l’edizione 2022, possono concorrere al Premio le opere di autori edite nel periodo che va dal 1 giugno 2021 al 31 maggio 2022.

4. Le opere e le candidature devono pervenire, in quattordici copie, presso l’Agenzia di Spedizioni KIPOINT, Piazza Zumbini, snc – 87100 Cosenza, con la dicitura Concorso Premio Sila ’49 – 2022 – entro e non oltre le ore 12.00 del 15 giugno 2022, accompagnate da una lettera con l’indicazione della sezione cui si intende partecipare;

5. La Fondazione Premio Sila, al fine di assicurare il carattere partecipativo al concorso letterario, individuerà di anno in anno particolari categorie di lettori che forniranno alla giuria orientamenti, non vincolanti, in relazione alla rosa finale di cinque titoli che concorreranno per la sezione Letteratura al premio finale;

6. Per ciascuna delle sezioni del Premio la Giuria assegnerà dei riconoscimenti:
a) Sezione Letteratura: un premio da 5000 euro;
b) Sezione Economia e Società: un premio da 5000 euro;
c) Sezione “Sguardo da lontano”: un premio da 2500 euro;

7. La premiazione dei vincitori avrà luogo nell’autunno 2022. Condizione imprescindibile per l’attribuzione dei premi ai vincitori è la loro presenza alla cerimonia di premiazione.

8. Modifiche al presente regolamento possono essere apportate dal Consiglio d’Amministrazione della Fondazione Premio Sila.

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Il bando dell’Associazione Tonino MadeoFeatured

Pubblichiamo il bando per la partecipazione ai corsi di preparazione al concorso di accesso alla Magistratura promosso dall’Associazione Tonino Madeo – ente intitolato al presidente emerito del Tribunale di Cosenza – che è nostra partner e con la quale collaboriamo per la promozione culturale.

La nostra organizzazione e la nostra Segreteria rimangono a disposizione per chiarimenti e contatti.

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Premio Sila ’49, annunciata la cinquina finalista della sezione letteratura. Firma il manifesto della decima edizione l’artista Natino Chirico. Il presidente Paolini: «Cerimonia conclusiva a marzo 2022 e lectio magistralis di Tomaso Montanari per celebrare gli 800 anni del Duomo di Cosenza»Featured

COSENZA – Sono Marco Balzano con “Quando tornerò” (Einaudi), Domenico Dara con “Malinverno” (Feltrinelli), Mario Fortunato con “Sud” (Bompiani), Nicola Lagioia con “La città dei vivi” (Einaudi) e Paolo Nori con “Sanguina ancora” (Mondadori) i cinque finalisti, per la sezione Letteratura, della decima edizione del Premio Sila ’49.

A darne comunicazione, questa mattina, martedì 30 novembre 2021, nella sede del centro storico bruzio della Fondazione Premio Sila, il suo presidente Enzo Paolini, la direttrice del Sila Gemma Cestari e il giurato Valerio Magrelli.

Contestualmente allo svelamento dei libri e degli autori in parola, ulteriori le notizie trasmesse nel corso dell’incontro. «La cerimonia finale del Sila ’49 – dichiara non a caso Paolini – si terrà nel mese di marzo 2022 e ciò per mere ragioni di prudenza e sicurezza, date le cronache poco rassicuranti in merito all’emergenza sanitaria da Covid-19. Sarebbe irresponsabile organizzare un grande evento in un periodo di questo tipo, segnato ancora da timori e necessità di agire con cautela. Circa, invece – aggiunge il presidente della Fondazione Premio Sila -, il manifesto che quest’anno accompagnerà le battute finali della nostra manifestazione, si può dire che è il raffinato artista Natino Chirico, calabrese di nascita ma romano d’adozione, a firmarlo. L’opera, intitolata “Insieme”, ha un forte impatto empatico: su uno sfondo rosso accesso pone, infatti, due figure umane ispirate al tuffatore di Paestum nell’atto, secondo la libera interpretazione di ciascuno, di tuffarsi, chissà, nel mare della immaginazione, della letteratura, del mondo fantastico, poetico e suggestivo della cultura. Ultima comunicazione – conclude Paolini – è poi quella relativa alla lectio magistralis che, durante i giorni dedicati per l’appunto alla premiazione finale, il giurato e storico dell’arte Tomaso Montanari terrà sul sagrato del Duomo di Cosenza in occasione del relativo ottavo centenario».

Dalla direttrice Cestari arrivano, invece, i ringraziamenti per i ragazzi delle scuole del territorio che, con passione e costanza, hanno attivamente seguito fasi e incontri del Premio stesso. «Una presenza, quella dei giovani – afferma Gemma Cestari -, che ci riempie di gioia e di orgoglio e per la quale ringraziamo gli allievi del liceo linguistico Lucrezia Della Valle, coordinati dalle docenti Vincenza Costantino, Antonietta Cozza e Silvia Vitale, e, ancora, gli 85 giovani del liceo classico Telesio, guidati dalla professoressa Rosanna Tedesco».

È Magrelli, infine, a illustrare la cinquina: «Se Balzano con la sua opera riesce a parlarci dell’emigrazione dolorosa di chi lascia la patria per lavorare all’estero e in particolare delle madri che lasciano i figli per prendersi cura di qualcun altro, Domenico Dara restituisce atmosfere magiche e misteriose attraverso la storia del bibliotecario Astolfo Malinverno e quella del paese fantastico di Timpanara. Con Mario Fortunato, inoltre, si ha la possibilità di leggere una saga del Meridione che ha al centro Valentino, un giovane del Sud che va via con la volontà di non voltarsi più indietro: il passato, come nel mito di Orfeo ed Euridice, lo obbligherà tuttavia a girarsi, se non altro in un ritorno mentale. Infine, Nicola Lagioia, scegliendo di raccontare una delle più tremende e inspiegabili tragedie italiane degli ultimi anni, riesce a collocarsi nel filone a cui già appartengono Truman Capote con “A sangue freddo” e Emmanuel Carrère con “L’avversario”; e Paolo Nori ripercorre la vita di Dostoevskij attraverso la propria, evidenziando come ogni lettore venga “ferito” dai capolavori poetici e narrativi».

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Da Proust a Marquez, ecco il “Sud” di Mario Fortunato L’autore ha presentato il suo romanzo ieri, nella sede del centro storico della Fondazione Premio Sila

Si è tenuto ieri, mercoledì 3 novembre, l’ultimo incontro della decina 2021 del Premio Sila. Nella sede di Cosenza Vecchia della Fondazione presieduta da Enzo Paolini è stato, infatti, presentato Sud (Bompiani) di Mario Fortunato: lo scrittore e giornalista, collegato in streaming, della sua opera su una storia di famiglia che abbraccia tutto il Novecento coincidendo in definitiva con quella che è la storia d’Italia, ha parlato con la direttrice del Premio Gemma Cestari e con il docente dell’Università della Calabria Battista Sangineto.

«Sud – ha affermato l’autore – è una vicenda piuttosto autobiografica, dove tuttavia i luoghi non vengono nominati per far sì che il lettore nelle pagine si riconosca e proietti se stesso. Sono andato via dalla Calabria dopo il liceo – ha aggiunto Fortunato – come vanno via i ragazzi, col bagaglio leggero e la voglia di scoprire e creare il mondo. Solo a distanza di quarant’anni, quando anche l’ultima persona che mi legava a quel sud è venuta meno, ho deciso di fare i conti con un mondo che avevo tralasciato, ma mai dimenticato».

Più di un’ora in cui ieri, dunque, si è discusso di radici, distacchi, allontanamenti e separazioni, mondi magici e mitici, «lontani – hanno fatto notare i relatori dell’incontro in riferimento al libro – da quei cliché che spesso sul sud e sulla Calabria in particolare vengono propinati».

«Ho cercato di raccontare un sud – ha, non a caso, ribattuto Fortunato – distante dagli schemi sociologici classici e da quella frequente tendenza a parlare solo di ‘ndrangheta o questioni analoghe. Il sud è anche altro e dunque ho fatto luce su una famiglia borghese, capace di aprirsi al mondo; le cui vicende, come si accennava, risultano ben intrecciate con quello che è accaduto in Italia nell’arco di cinquant’anni».

In ultimo, il focus sui libri e su quella letteratura a cui Fortunato è legato e da cui, pertanto, consapevolmente o inconsapevolmente è stato influenzato per la stesura del romanzo: «Proust con la Recherche è qualcosa di per me nodale, sebbene i recensori abbiano spesso accostato Sud a Cent’anni di solitudine di Marquez, cosa che mi ha reso davvero entusiasta». D’altronde, come tutte le famiglie felici, anche tutti i sud del mondo si somigliano. E, così, da Macondo alla Calabria possono continuare a riaffiorare quei ricordi mai scomparsi, delicatamente custoditi nell’inconscio.

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Inaugurata, a Camigliatello, la seconda sede della Fondazione Premio Sila ’49. Il presidente Paolini: «Un luogo di incontro e confronto per valorizzare l’anima del territorio» A seguito dell’evento, la presentazione di “Italiana” (Mondadori) di Giuseppe Catozzella, libro in decina 2021Featured

Un giorno importante per la Fondazione Premio Sila. Domenica 31 ottobre è stata inaugurata, a Camigliatello, la sua seconda sede che, dunque, si aggiunge a quella che sorge nel cuore del centro storico bruzio: entrambe rappresenteranno un vero e proprio presidio culturale, atto a coinvolgere, sempre più, la comunità, creando occasioni di scambio e dialogo. Lo ha, del resto, sottolineato il presidente della Fondazione, Enzo Paolini, nel corso dell’evento.

«La seconda sede della Fondazione, che oggi (domenica 31 ottobre, ndr) inauguriamo – ha affermato -, nasce nella casa del compianto Faust D’Andrea, grazie pure alla sensibilità dei suoi familiari: un luogo che continuerà a essere ciò che è sempre stato e, cioè, un punto d’incontro tra amici, di confronto e convivialità. Oltre a ringraziare – ha aggiunto Paolini – tutti coloro che hanno reso possibile aprire le porte di questa nuova sede, tra cui l’architetto Argia Morcavallo, mi preme ancora dire quanto questo posto possa rappresentare il luogo naturale per valorizzare la nostra identità: gli alberi, le pietre, i paesaggi e l’anima tutta della Sila all’interno dei quali si continuerà a fare, a ripartire anzi, dai libri e dalla cultura». Presente all’inaugurazione anche il sindaco di Spezzano della Sila e Camigliatello Salvatore Monaco che, a proposito della nuova sede della Fondazione, ha mostrato tutto il suo entusiasmo: «Si tratta sul serio di un presidio di cultura fondamentale per la comunità, ed è pure l’avvio di un percorso, all’insegna della riqualificazione del territorio, che porterà grandi frutti».

Dopo il taglio del nastro, si è, inoltre, tenuta la presentazione di Italiana, il libro di Giuseppe Catozzella, edito da Mondadori, rientrante nella decina 2021 del Premio e riguardante la casolese Maria Oliverio, detta Ciccilla, prima brigantessa a combattere per la libertà, sui monti della Sila. Con l’autore, alla presenza di un foltissimo pubblico, hanno, ancora, dialogato il presidente della Fondazione Enzo Paolini e la direttrice del Premio Gemma Cestari.

«Sono emozionato, è la prima volta che torno in Sila dopo l’uscita del mio romanzo – ha detto Catozzella -. Un romanzo dove realtà storica e verità letteraria diventano una cosa sola e che, attraverso la voce di Ciccilla, cerca di raccontare un intero Paese, o meglio come si è giunti ad essere un Paese unito, nonché il momento in cui tutti, tutte le classi sociali s’intende, hanno sognato di costruire un territorio giusto, emancipato e moderno. Per scrivere il libro – ha proseguito l’autore – sono stati fondamentali i racconti di mia nonna, essendo io figlio di genitori meridionali emigrati a Milano, i miei studi sulla storia d’Italia e, ancora, i contributi dello storico locale Peppino Curcio, grazie al quale ho potuto studiare le carte giudiziarie riguardanti Ciccilla. Ecco, attraverso la storia di Maria Oliverio e anche quella del brigante Pietro Monaco, attraverso la loro vicenda che, oltre ad essere politica, è pure una vicenda d’amore, di tradimenti e di speranza, ho cercato di raccontare ciò che i libri, su un dato periodo storico, non raccontano. Sullo sfondo, poi – ha concluso -, i boschi calabresi, quelli che hanno ammaliato Alexandre Dumas, tanto da pensare che la sua Sherwood, quella di Robin Hood, sia la Sila, ma anche quelli dei miei ricordi d’infanzia e, dunque, del mito».

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Marco Balzano, tra gli applausi del pubblico del Sila ’49, presenta il suo ultimo romanzo, Quando tornerò: «Una storia civile, per dare dignità ai milioni di donne che emigrano verso l’Occidente per prendersi cura di noi»Featured

Quattro volte finalista al Premio Sila ’49, Marco Balzano torna a Cosenza per presentare il suo ultimo romanzo, Quando tornerò, edito da Einaudi e incentrato sulla storia di Daniela – donna dell’Est, costretta a lasciare tutto per fare fortuna, ricoprendo il ruolo di badante, in Italia – e dei suoi figli, i cosiddetti orfani bianchi, che vivono quel dramma dell’abbandono sui cui molto spesso il mondo altro tace.

Dell’opera, non a caso nella decina 2021 del Sila, si è parlato ieri pomeriggio, sabato 16 ottobre, all’Officina delle Arti di Eduardo Tarsia, nel cuore, dunque, del centro storico bruzio. Introdotto dalla direttrice del Premio Gemma Cestari e incalzato dalle domande della docente di filosofia Viviana Andreotti e del giornalista e scrittore Pier Paolo De Salvo, Balzano ha raccontato al folto pubblico – presente in sala anche il presidente della Fondazione Premio Sila Enzo Paolini – i motivi sottesi a Quando tornerò, il percorso di scrittura intrapreso, i viaggi compiuti in Romania per poter meglio comprendere un fenomeno che riguarda tutti e non dovrebbe lasciare nessuno indifferente.

«Esiste un esercito di donne di cui non si parla mai; donne che sono indispensabili a che noi possiamo mantenere i ritmi di vita a cui siamo abituati, donne, milioni di donne, che si spostano dai Paesi meno ricchi verso l’Occidente per prendersi cura dei nostri cari, lasciando a se stesse le proprie famiglie – ha detto Balzano -. E il motivo per cui emigrano è principalmente quello di emancipare i loro figli, di dargli una speranza di futuro; nel farlo pagano un prezzo altissimo. La letteratura, pertanto, può aiutare a fare luce sul “dietro le quinte”, su storie di cui si discetta solo quando diventano casi di cronaca, oppure in maniera del tutto stereotipata».

Poi la discussione si è pure spostata sulle parole usate dall’autore per comporre il suo romanzo, parole che vengono pronunciate da Daniela, la madre, da Manuel, il figlio, e da Angelica, la primogenita, secondo un meccanismo corale, dove i diversi punti di vista si intrecciano, fornendo al lettore un quadro chiaro e completo sulla questione affrontata. «Ho raccontato una famiglia – ha dichiarato ancora Balzano -. Se Daniela una notte parte per Milano senza salutare nessuno, e lo fa solo per amore dei suoi figli, Manuel non la vede così, secondo lui la madre lo ha irrimediabilmente abbandonato. Il libro è quindi una scacchiera, si delineano quelle che sono le conseguenze delle azioni di tutti e il modo in cui vengono percepite dagli altri».

Libro che diventerà presto un film, «a cui – rivela Balzano al pubblico del Sila – sto lavorando insieme al regista e allo sceneggiatore». In ultimo, sempre riferendosi a quest’opera riguardante il prendersi cura, il desiderio di andare e di tornare, tra coraggio, nostalgia e senso di colpa, l’autore, prima di dedicarsi al firmacopie (moltissimi gli studenti partecipanti all’incontro), ha così concluso: «Con Quando tornerò volevo davvero dare un significato diverso alle parole, che sono importanti. Parlare di badanti, quasi in modo dispregiativo, non ci fa capire, umanamente, quale sia la loro storia. Quindi sì, da questo punto di vista, il mio libro è un romanzo a dimensione civile e politica».

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«Quando la letteratura chiama in causa il lettore». Gilda Policastro presenta La parte di Malvasia al Museo del Presente di RendeFeatured

«Un romanzo sorprendente, un romanzo che ha trovato il favore dei critici, un romanzo che a buon ragione è stato definito geniale». Con queste parole, Gemma Cestari, direttrice del Premio Sila ’49, ha avviato la presentazione de La parte di Malvasia (La nave di Teseo) di Gilda Policastro che, ieri, martedì 12 ottobre, ha incontrato i lettori negli spazi del Museo del Presente di Rende.

In conversazione, oltre che con Cestari, con la docente Unical Ines Crispini, Policastro ha illustrato i punti salienti del suo romanzo – l’opera fa parte della decina 2021 del Premio -, partendo dalla lettura di alcune sue pagine. «La parte di Malvasia – ha dichiarato l’autrice – risponde alla particolare necessità di incontrare il lettore e collaborare con lui per la costruzione del senso».

Ecco perché, verrebbe da dire, il romanzo, dove più voci si intrecciano, rappresenta una sfida nei confronti di chi legge: se risulta inizialmente un noir, subito dopo stravolge qualsiasi certezza, trasformandosi in un volume che indaga sui temi della morte, della perdita, del distacco, della separazione da una persona cara. «Si capisce che La parte di Malvasia non sia un noir – chiosa Policastro -, nonostante la sua fascetta sia a firma di Maurizio De Giovanni, perché il lettore, dopo la lettura delle relative prime pagine, non vorrà rispondere alla domanda “Chi ha ucciso Malvasia?” (Malvasia è, per l’appunto, la donna che viene trovata morta, ndr), bensì alle seguenti: “Perché è morta Malvasia? Perché si muore?».

E nel libro, non solo i temi affrontati, anche la parola – la composizione è più vicina alla poesia che alla scrittura in prosa e poi rappresenta un’immersione nella vita attraverso la proposizione di frammenti di frasi – ha un portato profondissimo. «Per me – ha aggiunto Gilda Policastro – la scrittura non è al servizio della storia; è il contrario: sono le parole a far succedere le cose. Questa è una mia presa di posizione, un modo come un altro per sottolineare quanto sia importante che oggi anche i romanzi, al pari di tutte le altre forme d’arte, si incarichino di analizzare i linguaggi contemporanei».

In ultimo, come rilevato dalle relatrici Cestari e Crispini, «non mancano tra le pagine de La parte di Malvasia, benché si tratti di una storia di morte, humour, ironia e tic linguistici che alleggeriscono la stessa lettura del libro» e, ancora, una consapevolezza finale; quella consapevolezza, secondo la quale Malvasia non possa che rappresentare una ramificazione di storie, di molte vite.

Lo ha confermato, a conclusione dell’incontro – a cui hanno pure partecipato il presidente della Fondazione Premio Sila Enzo Paolini e l’assessore alla cultura del Comune di Rende Marta Petrusewicz – l’autrice. «Ho concepito il personaggio di Malvasia – ha affermato Gilda Policastro -, quando un giorno ho ritrovato all’interno di un cassetto un appunto scritto da mia madre e ho pensato che con la sua sparizione fossero spariti anche degli aspetti concreti: la sua voce non c’era più, si era persa la sua grafia e tanti altri elementi materiali. Pertanto – ha concluso -, con la mia scrittura, ho voluto restituirle, e restituire in generale, un po’ di vita in più».

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«Con questo romanzo si accetta ciò che siamo stati. E ci si prende cura del passato». Andrea Bajani presenta Il libro delle case al pubblico del Premio Sila ‘49Featured

Incontro online per Il libro delle case (Feltrinelli, 2021) di Andrea Bajani. L’autore ha infatti presentato il suo romanzo, nella rosa dei dieci libri selezionati per il Premio Sila ’49, collegato da Houston, in Texas. A dialogare con lui, nel pomeriggio di ieri, venerdì 8 ottobre, dalla sede della Fondazione Premio Sila, lo storico dello spettacolo e studioso della cultura di massa Ugo G. Caruso. Gemma Cestari, direttrice del Sila, ha invece moderato l’evento, avviando, in particolare, la discussione su «questo libro enigmatico, dove la voce narrante osserva l’Io mentre ha a che fare con le case che abita e che ha abitato e con diversi quadri domestici; un libro che manifesta un grande amore per le parole».

E sono poi proprio le parole di Caruso – che passa in rassegna gli aspetti più significativi de Il libro delle case, evocando pure film, romanzi e sì il grande Antonio Tabucchi – a fare in modo che Bajani racconti la sua opera, racconti la sua scrittura, la sua prosa quasi fatta di poesia. «Leggere il suo romanzo dà l’impressione che lei abbia voluto ricercare il filo che lega tutta la sua vita. Dopo tale ricognizione, cosa l’ha sorpresa maggiormente?», chiede, per l’appunto, il relatore. È qui che Bajani scopre le carte della letteratura e al pubblico del Premio spiega: «Mi ha sorpreso la scoperta relativa all’accettazione di quello che siamo stati. È stato bello, capitolo dopo capitolo, prendersi cura dei noi del passato; perché noi non siamo soltanto uno, bensì un puzzle di persone e comprendere che, ad esempio, il me di otto anni rimarrà eterno è stato significativo. Il libro delle case, dove le case sono un modo per visualizzare il tempo, è l’opera più complessa che ho scritto, quella per cui ho impiegato più tempo, quella dove ho raccontato tutto e che è nata quando mi è venuta voglia di andare a visitare l’appartamento in cui ho vissuto da piccolo. Credo che volessi che, in quel momento, si accendesse la speranza di potermi incontrare bambino».

Tuttavia, si tratta anche «di un libro politico, un libro – aggiunge l’autore – sull’urbanistica, un libro che vuole sottolineare che dentro le case ci sono le vite delle persone; non solo delle persone che la abitano, ma anche dell’operaio che l’ha costruita fino ad arrivare all’individuo che ha il potere di gestione, che deve, cioè, decidere il modo in cui le persone devono vivere. Ecco che la gestione pubblica diventa gestione della felicità e dell’infelicità delle persone e che dire io coincide con dire quartiere, città, mondo».

Entusiasti, dunque, i partecipanti all’incontro che, tramite le parole di Andrea Bajani, hanno potuto compiere, nuovamente, un viaggio nel mondo della letteratura, ma anche dentro se stessi.

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